"La quercia"

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Scritto 12 anni fa • Pubblicato Ieri • Revisionato Ieri
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Lettera di un'adolescente: ispirata da un fatto di cronaca. Uno dei tanti....purtroppo.
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Testo: "La quercia"
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                                                                                    "La quercia"


Cara amica, ti ho mai parlato della quercia presso la quale, durante una delle nostre passeggiate agresti, ci siamo sedute per parlare? No, non credo di averti detto nulla di lei. Si nasce malinconici, ma, se si ha la fortuna di vivere all’aperto, la natura diventa un’ottima compagna. Ricordo quando, da bambina, cercavo di cingere il tronco con le mie esili braccia e appoggiavo il viso sulla corteccia per annusare l’odore muschiato del legno. Più di una volta, nel goffo tentativo di abbracciarlo, mi procurai dei graffi sulla guancia, che bruciava e diventava rossa. Ho cominciato a recarmi presso la quercia, in seguito alle innumerevoli liti che avvenivano in famiglia. Necessitavo di serenità. Si soffre terribilmente quando qualcuno non ti rispetta, e fa ancora più male quando coloro che ti maltrattano, sono i medesimi che ti hanno generato. Mio padre, poche sere fa, mi ha esortata ad alzarmi da tavola e ad andare a chiudermi in camera. Il mio viso lo turbava, lo infastidiva. Prima però mi ha picchiata maledicendo la mia nascita. Mia madre, con un’espressione di rassegnazione, ha sorriso. Mi guardo spesso allo specchio e non vedo nulla di spaventoso; eppure provo un senso di smarrimento, di sfiducia. L’altro ieri, camminando lungo la riva di un fosso, d’un tratto, mi sono fermata e, dopo avere esitato, mi sono specchiata sulla superfice dell’acqua. Ero bella. Ho cominciato a piangere chiedendo a quel riflesso che cosa mi stesse succedendo. Sono corsa ad abbracciare il tronco della quercia. Io non sono così forte. Ho provato ad esserlo. Sento il peso della vita; sento il peso di me stessa come nullità. Mi è capitato di alzarmi a notte fonda e, come un’ombra furtiva, scivolare fuori di casa per raggiungere l’albero. Ho trascorso notti intere a scolpire i miei turbamenti nelle tenebre e a inventarmi valide ragioni per le quali questa mia esistenza avesse un senso. La desolazione di me stessa si amplifica negli occhi degli altri: ecco perché abbasso lo sguardo quando incontro le persone. Tempo fa scrissi che si nasce con una corda al collo: era il senso di angoscia che mi opprimeva. Mi rimproverano di essere triste. Dovrei forse compiacermi per i toni lusori con i quali i più, costantemente, si rivolgono a me? Una mattina i nostri compagni mi hanno derisa: li hai sentiti anche tu e sei scoppiata a ridere. Subito dopo sei arrossita, perché non ricordavi che io ero seduta accanto a te. Anche l’amicizia, l’unica àncora alla quale avrei potuto aggrapparmi, si è rivelata un castigo. Sai, non mi è bastato crearmi un mondo a parte. D’altra parte solo un folle sarebbe riuscito nell’impresa. Io non ho creatività sufficiente. La quercia è un monumento al silenzio; al mio silenzio. Dalla natura ho imparato a ripiegarmi su me stessa e a dare un senso al mio breve passato. Il futuro non è certo cosa che mi possa riguardare…Ecco, io penso che l’emozione della vita sia una cosa importante, che è necessario sapere trasmettere ai propri figli. Alle volte, di sfuggita, incontro gli occhi di mio padre, ma vedo solo rabbia e odio. A mia madre faccio pena. La mia nascita penso sia stata voluta…Certamente non sono quell’essere vivente perfetto che si aspettavano, ma i figli hanno emozioni diverse, hanno sogni che non si avvicinano minimamente alle aspettative dei genitori. Anche fisicamente possono deludere. Siamo esseri umani, non siamo robot. E pensa che ero nata serena. Prova a vivere con persone che sanno solo elencare i tuoi difetti. Da lì hanno avuto origine i miei primi complessi. Via via i pensieri si sono anneriti sino a trasformarsi in disgusto per me stessa.  Viaggiando su internet, col computer della scuola, ho scoperto che sono stata pubblicata su Facebook. Sono stata fotografata, a mia insaputa, e messa in mostra a tutti. Le frasi, scritte per rendermi ridicola a tutti, hanno raccolto ampi consensi, oltre che un susseguirsi di battute poco piacevoli nei miei confronti; tra l’altro scritte da persone che io non conosco neppure. I nomi sono fittizi e al posto dei volti umani, hanno inserito faccine gialle che ridono sguaiatamente. La vigliaccheria è il cavallo di battaglia del nostro secolo. Nessuno sa chi sono. Conoscono il mio volto, ma non sanno che cosa penso e, soprattutto, che cosa io stia provando. Stamattina ho chiesto a mia madre di spedire questa lettera: le ho detto che avresti compiuto gli anni in settimana e che mi sarebbe piaciuto farti una sorpresa.  Dopo che l’avrai ricevuta, io non sarò più. Da diverse ore sarò sulla quercia. Il mio corpo sarà il pendolo che scandirà le ore della notte: di questa notte e di tutte le notti che verranno.

 

                                                                                                                             Elena Piccinini

 

 

 

 

 

 

 

"La quercia" testo di ElePic
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